provvedimenti disciplinari

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
Dipartimento per l’istruzione
Ufficio IV
CIRCOLARE N. 88    Prot. n. 3308
Roma lì, 8 novembre 2010
Indicazioni  e  istruzioni  per  l’applicazione  al
personale  della  scuola  delle  nuove  norme  in  materia
disciplinare  introdotte  dal  decreto  legislativo  27  ottobre
2009, n. 150
A) SINTESI DEL QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO. …………………………………………2
B) ORGANI E PROCEDIMENTO ……………………………………………………………………………………….5
1. INFRAZIONI DI MINORE GRAVITÀ. ……………………………………………………………………………………..6
2. UFFICIO PER I PROCEDIMENTI DISCIPLINARI E RELATIVE COMPETENZE…………………………………..7
C) RAPPORTI TRA PROCEDIMENTO DISCIPLINARE E PROCEDIMENTO PENALE. ….9
D) NUOVI ILLECITI DISCIPLINARI………………………………………………………………………………..10
RIFIUTO DI COLLABORARE AL PROCEDIMENTO DISCIPLINARE SENZA GIUSTIFICATO MOTIVO………10
OMISSIONI E RITARDI NELL’ESERCIZIO DELL’AZIONE DISCIPLINARE;VALUTAZIONI IRRAGIONEVOLI
O MANIFESTAMENTE INFONDATE………………………………………………………………………………………..11
LICENZIAMENTO DISCIPLINARE. …………………………………………………………………………………………11
ASSENZE PER MALATTIA. …………………………………………………………………………………………………..12
CONDANNA DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE AL RISARCIMENTO DEL DANNO…………………….13
E) NUOVA FATTISPECIE DI ILLECITO PENALE…………………………………………………………….14
F) LA SOSPENSIONE CAUTELARE………………………………………………………………………………….15
PERSONALE DOCENTE ED EDUCATIVO…………………………………………………………………………………16
PERSONALE AMMINISTRATIVO,TECNICO ED AUSILIARIO. ………………………………………………………23
PERSONALE CON QUALIFICA DIRIGENZIALE………………………………………………………………………….23
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A) SINTESI DEL QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO.
Le innovazioni in materia disciplinare e di responsabilità dei dipendenti riguardano
i rapporti tra le fonti regolatrici della materia,  i profili procedurali, la tipologia delle
infrazioni e delle relative sanzioni.
Rimane,  invece,  immutata  la  devoluzione  al  giudice  ordinario  delle  controversie
relative  al  procedimento  e  alle  sanzioni,  ai  sensi  dell’articolo  63  del  decreto
legislativo n. 165 del 2001 (cfr., articolo 67 del decreto legislativo n. 150 del 2009).
La  prima  novità  da  evidenziare  è  il  recupero  da  parte  della  fonte  legale  di
significativi  spazi  di  disciplina  che  nel  previgente  ordinamento  erano  occupati,  in
via principale, dalla fonte negoziale.
Trattasi,  specificamente,  degli  spazi  relativi  a  materie  concernenti  gli  organi
competenti  ad  irrogare  le  sanzioni,  le  modalità  di  svolgimento  dei  relativi
procedimenti  e  le  impugnazioni  esperibili,  che  risultano  ora  dettagliatamente
regolate  nel  Capo  V  del  Titolo  IV  del  decreto  legislativo  in  questione,  da
disposizioni che, per espressa volontà del legislatore,  «costituiscono norme imperative
ai sensi e per gli effetti degli articoli 1339 e 1419, secondo comma, del codice civile».
Viene meno, quindi, la riserva originariamente prevista dall’articolo 55 del decreto
n. 165 del 2001 a favore della contrattazione collettiva, il cui ambito, secondo quanto
dispone il nuovo testo della norma, interamente riscritto dall’articolo 68 del D.Lgsl.
n.  150  del  2009,  è  ora  ristretto  alla  sola  definizione  della  tipologia  delle  infrazioni
disciplinari  e  delle  relative  sanzioni  (cfr.,  in  particolare,  i  commi  1,  2  e  3,  in
combinato disposto con il riformulato articolo 40 del D.Lgsl n. 165 del 2001).
Il  comma  2,  del  medesimo  articolo  55,  riformulato,  dispone,  inoltre,  che  la
pubblicazione  nel  sito  istituzionale  dell’Amministrazione  del  codice  disciplinare,
recante  l’indicazione  delle  infrazioni  e  relative  sanzioni,  equivale  a  tutti  gli  effetti
alla sua affissione all’ingresso della sede di lavoro. Si tratta di un profilo innovativo
non  trascurabile,  posto  che  l’inosservanza  del  suddetto  adempimento  determina
l’illegittimità  della  sanzione  irrogata  (cfr., articolo  7,  legge n.  300  del  1970,  Statuto
dei  lavoratori).   Ciò  vale  anche  per  le  infrazioni  e  relative  sanzioni  applicabili  al
personale docente e ATA che presta servizio nelle istituzioni scolastiche autonome;
di  conseguenza  il  dirigente  scolastico  avrà  cura  di disporre  la  prescritta
pubblicazione  dei  relativi  codici  disciplinari  nel  sito  web  della  scuola.  Per  quanto
riguarda gli insegnanti, in attesa che il relativo  codice disciplinare sia definito dalla
contrattazione collettiva di comparto (di cui si dirà più diffusamente appresso), le
fattispecie  sanzionatorie  cui  fare  riferimento  ai  fini  della  predetta  pubblicazione
rimangono  quelle  disciplinate  dal  decreto  legislativo  16  aprile  1994,  n.  297  (Testo
unico delle norme generali sull’istruzione). Per quanto riguarda i dirigenti scolastici,
la pubblicazione del relativo codice disciplinare nel sito web dell’Ufficio scolastico
regionale è disposta dal direttore generale competente.
Il  successivo  comma  3,  poi,  restringe  ulteriormente l’operatività  della  fonte
negoziale  vietando  alla  contrattazione  collettiva  di  istituire  procedure  di
impugnazione  dei  provvedimenti  disciplinari.  Il  legislatore,  però,  fa  salva  la
Il nuovo rapporto
tra le fonti
regolatrici della
materia
L’obbligo di
pubblicità del codice
disciplinare
Divieto di
istituire con il
CCNL procedure
di impugnazione
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possibilità di disciplinare mediante i contratti collettivi «procedure di conciliazione
non  obbligatoria»,  purchè  fuori  dai  casi  per  i  quali  è  prevista  la  sanzione  del
licenziamento. Tali procedure devono concludersi entro un termine non superiore a
trenta giorni dalla contestazione dell’addebito e,  comunque, prima dell’irrogazione
della sanzione. La sanzione, concordemente determinata, non può essere di specie
diversa da quella prevista dalla legge o dal contratto collettivo per l’infrazione per la
quale si procede e non è soggetta ad impugnazione.
I termini del procedimento disciplinare restano sospesi dalla data di apertura della
procedura conciliativa e riprendono a decorrere nelcaso di conclusione della stessa
con  esito  negativo.  Il  contratto  collettivo  definisce  gli  atti  della  procedura  che  ne
determinano l’inizio e la definizione.
A  tale  riguardo,  si  deve  anche  evidenziare  che  dalla  data  di  entrata  in  vigore  del
decreto  legislativo  n.  150  del  2009  (15  novembre  2009)  non  è  ammessa,  a  pena  di
nullità,  l’impugnazione  di  sanzioni  disciplinari  dinanzi  ai  collegi  arbitrali  di
disciplina. I procedimenti pendenti dinanzi ai predetti collegi devono essere definiti
entro il termine di sessanta giorni decorrente dalla medesima data, a pena di nullità
dei  relativi  atti  (cfr.,  il  comma  1  dell’articolo  73  del  decreto  legislativo  n.  150  del
2009).
Per  quel  che  concerne  il  settore  scolastico,  e  specificamente  i  procedimenti
sanzionatori  nei  confronti  del  personale  docente,  per  effetto  di  quanto  disposto
dall’articolo 72 della novella, sono espressamenteabrogati gli articoli da 502 a 507
del  decreto  legislativo  16  aprile  1994,  n.  297  (Testo  unico  delle  norme  generali
sull’istruzione), i quali disciplinavano, com’è noto, le funzioni attribuite in materia
ai  consigli  di  disciplina  operanti  presso  il  Consiglio  Nazionale  della  Pubblica
Istruzione e i Consigli Scolastici Provinciali.
Inoltre, nel nuovo testo dell’articolo 55, sopra richiamato, non è più contemplata la
deroga di cui all’originario comma 10, che rinviavaal momento del riordino degli
organi collegiali della scuola, la piena contrattualizzazione della materia disciplinare
per il personale docente.
Va,  poi,  precisato  che  nell’ambito  della  disciplina transitoria  dettata  dal  decreto
legislativo  n.  150  del  2009,  l’articolo  73  prevede  l’ulteriore  applicabilità  delle
disposizioni  di  legge  previgenti  riguardanti  «singole  amministrazioni  e  recanti
fattispecie sanzionatorie specificamente concernenti i rapporti di lavoro di cui all’articolo 2,
comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.  165», a condizione però che le stesse
siano  «non incompatibili»con le nuove e, comunque, non oltre  «il primo rinnovo del
contratto collettivo di settore successivo alla data di entrata in vigore del decreto».
Per quanto qui interessa, stando alla lettera dellanorma, che fa esplicito riferimento
alle  «fattispecie  sanzionatorie»,  rimangono  applicabili,  fino  al  primo  rinnovo  del
CCNL di Comparto successivo all’entrata in vigore della riforma, esclusivamente le
disposizioni contenute negli articoli da 492 a 501 (docenti a tempo indeterminato) e
da 535 a 537 (docenti a tempo determinato) del citato decreto legislativo n. 297 del
1994, e non anche quelle riguardanti gli organi, i procedimenti e le impugnazioni.
Va,  tuttavia,  sottolineato  che  le  sanzioni  speciali previste  per  il  personale  docente
non  di  ruolo  dall’articolo  535  del  D.Lgsl.  n.  297  del  1994  (ammonizione,  censura,
sospensione  dalla  retribuzione  fino  a  un  mese,  sospensione  dalla  retribuzione  e
Ammissibilità, entro
precisi limiti, di
procedure
conciliative non
obbligatorie
No a impugnazioni
innanzi a collegi
arbitrali di disciplina
Conseguenze della
riforma sul
personale docente:
il venir meno delle
funzioni dei
Consigli di
disciplina
Temporanea validità
delle infrazioni e
relative sanzioni
previste dal T.U.
Scuola
Personale docente
non di ruolo:
disciplina applicabile
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dall’insegnamento  da  un  mese  ad  un  anno,  esclusione dall’insegnamento  da  un
mese  a  un  anno,  esclusione  definitiva  dall’insegnamento)  devono  intendersi
sostituite  da  quelle  previste  per  il  personale  di  ruolo  dall’art.  492  (avvertimento
scritto,  censura,  sospensione  dall’insegnamento  fino  a  un  mese,  sospensione
dall’insegnamento da uno a sei mesi, destituzione).
Ciò  per  effetto  del  combinato  disposto  degli articoli 55  e 69  del  D.Lgsl. n.  165  del
2001, pre riforma, e dell’articolo 91 del CCNL, Comparto Scuola, 2006/2009.
Se  da  un  lato,  infatti,  il  vecchio  testo  dell’articolo  55,  citato,  conteneva  una
disposizione  derogatoria  che  salvava  dalla  contrattualizzazione  soltanto  le  norme
procedimentali in materia disciplinare di cui agli articoli da 502 a 507 del D.Lgsl. n.
297 del 1994, oggi abrogate – salvataggio poi ampliato dalla contrattazione collettiva
a tutte le disposizioni del capo IV (articoli da 492 a 501) – in generale il primo comma
dell’articolo  69,  citato,  tutt’ora  vigente,  ha  reso inapplicabili  a  seguito  della
stipulazione  dei  contratti  del quadriennio  1994-1997,  in  relazione  ai  soggetti  e  alle
materie  dagli  stessi  contemplati,  «le  norme  generali  e  speciali  del  pubblico  impiego»,
vigenti alla data del 13 gennaio 1994. Queste ultime cessano in ogni caso di produrre
effetti  dal  momento  della  sottoscrizione,  per  ciascun  ambito  di  riferimento,  dei
contratti collettivi del quadriennio 1998/2001.
Di conseguenza, gli artt. da 537 a 549 del D.Lgs. n297/1994, meramente ricognitivi
di  disposizioni legislative  che,  anteriormente  alla data  sopra  citata,  disciplinavano
sanzioni, organi e procedimento disciplinare nei confronti del personale docente a
tempo  determinato,  non  potevano  ritenersi  “salvati” dalla  privatizzazione,  non
essendo stati presi in considerazione né dal vecchio testo dell’art. 55 del D.Lgs. n.
165  del  2001  (che  richiamava  articolo  per  articolo  le  norme   salvaguardate  dalla
contrattualizzazione),  né  dal  citato  articolo  91  del  CCNL,  Comparto  Scuola,  2006-2009 (che salvaguardava dalla contrattualizzazioneil Capo IV del D.Lgs. n. 297 del
1994 dedicato alla disciplina del personale di ruolo).
Si  deve,  infine,  precisare  che  il  venir  meno  della sanzione  dell’esclusione
dall’insegnamento,  originariamente  prevista  dall’articolo  535,  comma  1,  nn.  5  e  6,
citato, non impedisce all’Amministrazione di conseguire gli stessi effetti disciplinati
dall’articolo  537  (esclusione  dalle  graduatorie  per l’assunzione  in  ruolo  e  per  le
supplenze).  Infatti,  con  riguardo  ai  requisiti  di  accesso  all’impiego  pubblico,  la
normativa  generale  di  riferimento  contenuta  nel  D.P.R.  9  maggio  1994,  n.  487,
prevede  all’articolo  2  che  non  possano  accedere,  fra  gli  altri,  «coloro  che  siano  stati
destituiti  o  dispensati  dall’impiego  presso  una  pubblica  amministrazione  per  persistente
insufficiente  rendimento,  ovvero  siano  stati  dichiarati  decaduti  da  un  impiego  statale,  ai
sensi dell’articolo 127, primo comma, lettera d), del testo unico delle disposizioni concernenti
lo statuto degli impiegati civili dello Stato, approvato con D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3». Ne
consegue  che  il  docente  a  tempo  determinato  che  incorresse  nella  sanzione
disciplinare della destituzione (che costituisce aldi là del  nomen iurislicenziamento
disciplinare) vedrebbe preclusa la possibilità di partecipare alla procedura selettiva
per l’assunzione a tempo indeterminato o determinato, non diversamente da colui
che sia incorso nella sanzione dell’esclusione dall’insegnamento.
Con  riguardo,  invece,  al  personale  ATA  e  alla  dirigenza  scolastica,  le  infrazioni
disciplinari  e  le  relative sanzioni  rimangono quelle  regolate  dai  rispettivi  contratti
collettivi nazionali di lavoro.
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Inoltre, sempre sotto il profilo del diritto intertemporale, si richiama l’attenzione di
codesti Uffici sulla circostanza che il Dipartimento della funzione Pubblica con la
circolare n. 9 del 27 novembre 2009 ha chiarito chele nuove disposizioni procedurali
si  applicano  a  tutti  i  fatti  rilevanti  la  cui  notizia  sia  stata  acquisita  dal  dirigente
responsabile  della   struttura,   ovvero  dal  competente  ufficio  per  i  procedimenti
disciplinari,  cioè  dall’organo  dell’amministrazione deputato  a  promuovere  la
relativa azione, dopo l’entrata in vigore della riforma.
La  medesima  circolare  ha  anche  precisato,  per  quanto  riguarda  la  disciplina
sostanziale relativa ad infrazioni e sanzioni, che,in virtù del principio di legalità, le
nuove fattispecie disciplinari e penali, con le correlate sanzioni e pene, non possono
trovare applicazione con riguardo a fatti che si sono verificati prima dell’entrata in
vigore del decreto legislativo di cui trattasi, in  quanto più sfavorevoli all’incolpato.
Quindi,  anche  nell’ipotesi  in  cui  si  sia  avuta  notizia  dopo  l’entrata  in  vigore  delle
nuove  norme  di  fatti  commessi  prima  di  tale  momento,  per  gli  aspetti  sostanziali
l’Amministrazione  deve  comunque  far  riferimento  alla  normativa  contrattuale  e
legislativa previgente, anche se, per gli aspetti procedurali, come già precisato, deve
in ogni caso trovare applicazione il regime previsto dalla riforma.
Se si riepiloga quanto sopra puntualizzato a proposito della disciplina applicabile al
personale docente, risulta che l’assetto prefigurato dal legislatore è il seguente:
a)  la  disciplina  sostanziale  relativa  ad  infrazioni e  sanzioni  rimane  quella
prevista dagli articoli da 492 a 501 (docenti a tempo indeterminato e determinato)
del D.Lgsl. 297/94, fino al prossimo rinnovo contrattuale;
b)  tale disciplina è ancora applicabile:
–  alle  infrazioni  di  cui  l’amministrazione  abbia  avuto  notizia  prima  dell’entrata  in
vigore del decreto legislativo n. 150 del 2009 (e,  dunque, ai procedimenti in corso),
da  parte  degli  organi  allora  competenti  e  secondo  l’impianto  procedurale
precedente;
– alle infrazioni di cui l’amministrazione abbia avuto notizia dopo l’entrata in vigore
della  riforma  e  fino  alla  scadenza  indicata  al  punto  a),  ma  in  tali  casi  gli  organi
competenti e le procedure sono regolate dalle nuovedisposizioni;
c)  in  quest’ultima  ipotesi,  e  ovviamente  a  regime,  viene  meno  la  competenza
degli organi collegiali (Consigli di disciplina) sopra richiamati.
B) ORGANI E PROCEDIMENTO
Per  quanto  concerne  gli  organi,  le  forme  e  i  termini  del  procedimento
disciplinare,  la  relativa  disciplina  è  ora  dettata  dagli  articoli  55-bis  e  55-ter  del
decreto  legislativo  n.  165  del  2001,  introdotti  ex  novo  dall’art.  69  del  decreto
legislativo 150 del 2009.
In sintesi, le norme succitate prevedono quanto segue.
Indicazioni per
l’applicazione delle
nuove norme nella
fase transitoria:
Circolare 9/2009 del
Dipartimento per la
Funzione pubblica
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1. Infrazioni di minore gravità.
Per  le  infrazioni  di  minore  gravità,  punite  con  sanzioni  superiori  al  rimprovero
verbale e inferiori alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per
più di dieci giorni, l’autorità disciplinare competente è individuata nel responsabile,
con  qualifica  dirigenziale,  della  struttura  in  cui  il  dipendente  lavora  anche  se  in
posizione  di  comando  o  fuori  ruolo. In  questi  casi, il  dirigente, quando  ha  notizia
dell’illecito  disciplinare,  «senza  indugio»  e  comunque  non  oltre  venti  giorni  dal
ricevimento  della  stessa,  deve  contestare  per  iscritto  l’addebito  al  dipendente  e
convocarlo,  con  un  preavviso  di  almeno  dieci  giorni,  per  il  contraddittorio  a  sua
difesa,  con  l’eventuale  assistenza  di  un  procuratore  o  di  un  rappresentante
dell’associazione sindacale cui il lavoratore aderisce o conferisce mandato. Entro il
termine fissato, il dipendente convocato, se non intende presentarsi, può inviare una
memoria scritta o, in caso di grave ed oggettivo impedimento, formulare motivata
istanza  di  rinvio  del  termine  per  l’esercizio  della sua  difesa.  Dopo  l’espletamento
dell’eventuale ulteriore attività istruttoria,  il responsabile della struttura conclude
il procedimento, con l’atto di archiviazione o di irrogazione della sanzione,  entro
sessanta giorni dalla contestazione dell’addebito. In caso di differimento superiore
a dieci giorni del termine a difesa, per impedimento del dipendente, il termine per la
conclusione del procedimento è prorogato in misura corrispondente. Il differimento
può  essere  disposto  per  una  sola  volta  nel  corso  del  procedimento.  La  mancata
osservanza  dei  termini  sopra  richiamati  comporta,  per  l’Amministrazione,  la
decadenza dall’azione disciplinare e, per il dipendente, dall’esercizio del diritto di
difesa(cfr., commi 1 e 2 dell’articolo 55-bis, sopra citato).
Per il personale docente, a tempo indeterminato e determinato, l’organo competente
a gestire i procedimenti sopra descritti è il dirigente dell’istituzione scolastica presso
cui  l’insegnante  presta  servizio.  Le  infrazioni  e  le  relative  sanzioni  che  rientrano
nell’ambito  applicativo  delle  disposizioni  di  cui  trattasi,  sono,  fino  all’entrata  in
vigore  del  prossimo  CCNL  di  comparto,  quelle  disciplinate  dagli  articoli  492
(avvertimento scritto), 493 (censura) e 494 (sospensione dall’insegnamento fino a un
massimo di dieci giorni, con la perdita del trattamento economico ordinario, salvo
quanto disposto dall’articolo 497) del decreto legislativo n. 297 del 1994, già citato.
Con  riferimento  alla  sospensione  dall’insegnamento  fino  a  un  massimo  di  dieci
giorni,  la  valutazione  circa  l’entità  della  sanzione  da  applicare  in  rapporto  alla
gravità  dell’infrazione  commessa  deve  essere  compiuta  dal  dirigente  scolastico  ex
ante. Qualora vi sia incertezza circa l’inquadramento della fattispecie concreta come
comportamento  sanzionabile  con  la  predetta  tipologia  di  sospensione,  gli  atti
devono essere trasmessi all’ufficio per i procedimenti disciplinari nei tempi e con le
modalità illustrati nel punto 2 del presente paragrafo.
Il  dirigente  scolastico  deve  in  ogni  caso  assicurare  che  l’esercizio  del  potere
disciplinare  sia  effettivamente  rivolto  alla  repressione  di  condotte  antidoverose
dell’insegnante  e  non  a  sindacare,  neppure  indirettamente,  l’autonomia  della
funzione docente.
Per il personale ATA, il dirigente dell’istituzionescolastica presso cui il dipendente
presta  servizio  è,  altresì,  responsabile  della  gestione  dei  procedimenti  relativi  alle
Ampliamento dei
poteri e delle
responsabilità
dirigenziali
Organi e competenze:
personale docente
Libertà di
insegnamento e
autonomia della
funzione docente
Personale ATA
Dipartimento per l’istruzione
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sanzioni  previste  dall’articolo  93,  lettere  da  b)  a d),  del  CCNL,  Comparto  scuola,
2006-2009.
Come  si  dirà  più  diffusamente  al  punto  2  del  presente  paragrafo,  nel  caso  in  cui
l’istituzione  scolastica  sia  affidata,  con  apposito incarico  annuale,  a  personale
appartenente al ruolo docente (già presidi incaricati), la competenza ad esercitare il
potere  disciplinare  per  le  infrazioni  di  cui  trattasi  appartiene  all’ufficio  per  i
procedimenti disciplinari.
Per  i  dirigenti  scolastici,  l’esercizio  del  potere  disciplinare  spetta  al  direttore
generale  dell’Ufficio  scolastico  regionale  competente.  Le  sanzioni  applicabili  alle
infrazioni di cui trattasi sono disciplinate dalle  disposizioni del Titolo VI del CCNL
15 luglio 2010, personale dirigente dell’Area V.
2. Ufficio per i procedimenti disciplinari e relative competenze.
Qualora il responsabile della struttura non abbia la qualifica dirigenziale o nel caso
in cui il responsabile abbia tale qualifica, ma la  sanzione da applicare sia più grave
della sospensione dal servizio con privazione dellaretribuzione fino a dieci giorni,
gli  atti  sono   trasmessi,  entro  cinque  giorni  dalla notizia  del  fatto,  all’ufficio  per  i
procedimenti  disciplinari  individuato  ai  sensi  del  comma  4,  dell’articolo  55-bis
citato,  dandone  contestuale  comunicazione  all’interessato  (cfr.,  commi  1  e  3
dell’articolo 55-bis, sopra citato).
Vale  la  pena  ribadire  che  rientra  nella  prima  ipotesi  (responsabile  della  struttura
privo di qualifica dirigenziale) anche il caso dell’istituzione scolastica affidata, con
apposito incarico annuale, a personale appartenenteal ruolo docente (vedi sopra).
L’ufficio  per  i  procedimenti  disciplinari  contesta  l’addebito  al  dipendente,  lo
convoca per il contraddittorio a sua difesa, istruisce e conclude il procedimento, ma,
se la sanzione da applicare è più grave della sospensione dal servizio con privazione
della  retribuzione  fino  a  dieci  giorni,  tutti  i  termini  indicati  al  punto  1  (non  oltre
venti giorni dalla notizia del fatto per la contestazione degli addebiti; preavviso di
almeno dieci giorni per la convocazione del dipendente al contraddittorio; sessanta
giorni  dalla  contestazione  per  concludere  il  procedimento)  si  raddoppiano  (salva
l’eventuale  sospensione  in  pendenza  di  procedimento penale,  di  cui  si  dirà  più
avanti).
Il termine per la contestazione dell’addebito decorre dalla data di ricezione degli atti
trasmessi  o  dalla  data  nella  quale  l’ufficio  ha  altrimenti  acquisito  notizia
dell’infrazione,  mentre  il  termine  a quo  per  la  conclusione  del  procedimento  resta
comunque  fissato alla  data  di  prima  acquisizione  della  notizia  dell’infrazione,
anche  se tale  notizia  sia  stata  acquisita  dal  responsabile  della  struttura  in  cui il
dipendente  lavora.  La  inosservanza  dei  suddetti  termini  comporta,  per
l’amministrazione,  la  decadenza  dall’azione  disciplinare  e,  per  il  dipendente,
dall’esercizio del diritto di difesa(cfr., il comma 4 dell’articolo 55-bis, sopra citato).
Le  competenze  inderogabilmente  attribuite  dalla  norma  in  esame  all’ufficio  per  i
procedimenti  disciplinari  sono  esercitate  dagli  uffici  di  livello  dirigenziale  non
generale  presso  cui  si  trova  attualmente  allocata  la  funzione  disciplinare  ai  sensi
Scuole rette da presidi
e direttori didattici
incaricati
Ufficio competente:
criteri di
individuazione e
titolarità
Dirigenti scolastici
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delle disposizioni organizzative dettate dai Decreti ministeriali emanati in data 29
dicembre 2009, in attuazione del D.P.R. 19 gennaio 2009, n. 17.
Le SS.LL., nel rispetto della norma di cui trattasie, più in generale, dei principi che
informano il nuovo sistema disciplinare, avranno cura di attribuire la titolarità dei
predetti uffici esclusivamente a personale munito di qualifica dirigenziale.
In  relazione  ai  docenti,  di  ruolo  e  a  tempo  determinato,  la  trasmissione  degli  atti,
entro  5  giorni  dalla  notizia  del  fatto,  all’ufficio per  i  procedimenti  disciplinari,  è
effettuata  a  cura  del  dirigente  (o  del  preside  o  direttore  didattico  incaricato)
dell’istituzione scolastica presso cui l’insegnantepresta servizio, quando la condotta
rilevante  sul  piano  disciplinare  integra  infrazioni punibili  con  una  sanzione
compresa  tra  la  sospensione  dall’insegnamento  per  un  periodo  superiore  a  dieci
giorni e la destituzione (cfr. articoli da 494 a 498 del decreto legislativo n. 297 del
1994, citato).
Come  prima  evidenziato,  la  riforma  ha  abrogato  espressamente  gli  organismi
collegiali  (collegi  di  disciplina)  previsti  dal  decreto  legislativo  n.  297  del  1994.  Al
riguardo,  si  richiama  la  particolare  attenzione  delle  SS.LL.  sulla  necessità  di
assicurare, da parte dei competenti uffici, che l’esercizio del potere disciplinare sia
effettivamente rivolto alla repressione di condotteantidoverose e non a sindacare,
neppure indirettamente, l’autonomia della funzione docente.
Quanto  al  personale  ATA,  il  predetto  adempimento  (trasmissione  degli  atti
all’U.P.D.) grava sul medesimo dirigente scolastico, quando la condotta rilevante sul
piano  disciplinare  integra  infrazioni  punibili  con  una  sanzione  compresa  tra  la
sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per un periodo superiore
a dieci giorni e il licenziamento senza preavviso (cfr. articolo 93, lettere e ed f, del
CCNL, Comparto scuola, 2006-2009).
In  relazione  ai  dirigenti  scolastici,  l’ufficio  per i  procedimenti  disciplinari,
individuato per il tramite dei Decreti ministerialisopra richiamati, è competente a
svolgere  l’istruttoria  in  ordine  alle  condotte  che  integrano  infrazioni  punibili  con
una  sanzione  compresa  tra  la  sospensione  dal  servizio  con  privazione  della
retribuzione  per  un  periodo  superiore  a  dieci  giorni  e  il  licenziamento  senza
preavviso.  Tali  infrazioni  sono  disciplinate  dalle  disposizioni  del  Titolo  VI  del
CCNL 15 luglio 2010, personale dirigente dell’Area V. La competenza ad adottare i
provvedimenti  conclusivi  spetta  unicamente  ai  direttori  generali  degli  Uffici
scolastici regionali.
Per  quanto  concerne  l’adozione  nei  confronti  del  personale  scolastico  dei
provvedimenti  di  sospensione  cautelare  connessi  a  procedimenti  penali  e/o  a
procedimenti  disciplinari  pendenti  si  rinvia  alle  indicazioni  applicative  formulate
nel paragrafo F) della presente circolare.
Sanzioni ai dirigenti
scolastici:
il ruolo dei direttori
generali degli
UU.SS.RR..
Sospensione
cautelare:
rinvio
Libertà di
insegnamento e
autonomia della
funzione docente
Dipartimento per l’istruzione
f.manca
9
C) RAPPORTI TRA PROCEDIMENTO DISCIPLINARE E PROCEDIMENTO
PENALE.
Significative  innovazioni  riguardano  la  disciplina  dei  rapporti  tra  il  procedimento
disciplinare e il procedimento penale. Infatti, diversamente da quanto previsto nel
previgente sistema, il procedimento disciplinare che abbia ad oggetto, in tutto o in
parte,  fatti  in  relazione  ai  quali  procede  l’autorità  giudiziaria,  è  proseguito  e
concluso  anche  in  pendenza  del  procedimento  penale.  Viene  meno,  così,  il
principio della c.d. pregiudizialità penale sia perle infrazioni di minore gravità,
di cui al punto 1, sia per quelle di maggiore gravità, di cui al punto 2.
Unica  eccezione,  relativamente  alle  infrazioni  di  maggiore  gravità,  riguarda  le
ipotesi  in  cui  gli  accertamenti  da  compiere  sono  caratterizzati  da  particolare
complessità,  da  motivare  adeguatamente,  o  quando  l’ufficio  per  i  procedimenti
disciplinari all’esito dell’istruttoria non disponga di elementi sufficienti a motivare
l’irrogazione della sanzione.
È  fatta,  in  ogni  caso,  salva  la  possibilità  di  adottare  la  sospensione  o  altre  misure
cautelari nei confronti del dipendente (si veda il comma 1 dell’articolo 55-ter, sopra
citato, e, più diffusamente, il paragrafo F della presente circolare).
Al  fine,  poi,  di   evitare  eventuali  contrasti  fra  gli  esiti  dei  due  accertamenti,  il
legislatore  ha  previsto  che  il  procedimento  disciplinare  non  sospeso  possa  essere
riaperto dall’Amministrazione quando:
– si concluda con l’irrogazione di una sanzione e,  successivamente, il procedimento
penale  venga  definito  con  una  sentenza  irrevocabile di  assoluzione  che  riconosca
che il fatto addebitato al dipendente non sussiste  o non costituisce illecito penale o
che  il  dipendente  medesimo  non  lo  ha  commesso.  In  questo  caso,  l’autorità
competente,  ad  istanza  di  parte,  da  proporre  entro  il  termine  di  decadenza  di  sei
mesi  dall’irrevocabilità della  pronuncia  penale, riapre  il  procedimento disciplinare
per  modificarne  o  confermarne  l’atto  conclusivo  in  relazione  all’esito  del  giudizio
penale (cfr., il commi 2 dell’articolo 55-ter, citato);
– si concluda con l’archiviazione ed il processo penale con una sentenza irrevocabile
di  condanna.  In  tale  ipotesi,  l’autorità  competente riapre  il  procedimento
disciplinare per adeguare le determinazioni conclusive all’esito del giudizio penale
(cfr., il comma 3 dell’articolo 55-ter, citato);
–  dalla  sentenza  irrevocabile  di  condanna  risulti  che  il  fatto  addebitabile  al
dipendente in sede disciplinare comporta la sanzione del licenziamento, mentre ne è
stata applicata una diversa (cfr., il comma 3 dell’articolo 55-ter, citato).
Quanto  alle  modalità  procedurali,   la  norma  in  esame  prevede  che  la  ripresa  o  la
riapertura  del  procedimento  disciplinare  avvengano  entro  sessanta  giorni  dalla
comunicazione della sentenza all’Amministrazione diappartenenza del lavoratore o
dalla presentazione dell’istanza di riapertura e sia concluso entro centottanta giorni
dalla ripresa o dalla riapertura.
La ripresa o la riapertura devono avvenire medianteil rinnovo della contestazione
dell’addebito  da  parte  dell’autorità  disciplinare  competente  ed  il  procedimento
Continua il
procedimento
disciplinare anche se
concomitante con
quello penale
Sospensione ammessa
solo in casi
eccezionali
Ammessa la
sospensione
cautelativa del
dipendente
Riapertura del
procedimento
disciplinare non
sospeso
Modalità di riapertura
o ripresa del
procedimento
disciplinare non
sospeso o sospeso
Dipartimento per l’istruzione
f.manca
10
prosegue  secondo  le  modalità  previste  nel  citato  articolo  55-bis,  richiamate  al
paragrafo B).
L’articolo  richiamato  prevede,  poi,  che,  ai  fini  delle  determinazioni  conclusive,
l’autorità procedente applichi le disposizioni dell’articolo 653, commi 1 ed 1-bis, del
codice  di  procedura  penale,  le  quali  dispongono,  rispettivamente,  che,   nel
procedimento disciplinare ripreso o riaperto:
–  la  sentenza  penale  irrevocabile  di  assoluzione  ha efficacia  di  giudicato  quanto
all’accertamento che il fatto non sussiste o non costituisce illecito penale;
–  la  sentenza  irrevocabile  di  condanna  ha  efficacia di  giudicato  quanto
all’accertamento  della  sussistenza  del  fatto,  della sua  illiceità  penale  e
all’affermazione che l’imputato lo ha commesso.
Infine, si  deve  considerare  che  l’articolo  70  del decreto  legislativo  n. 150  del  2009,
aggiunge  dopo  l’articolo  154-bis  del  decreto  legislativo  28  luglio  1989,  n.  271,
l’articolo  154-ter,  secondo  cui  «la  cancelleria  del  giudice  che  ha  pronunciato  sentenza
penale  nei  confronti  di  un  lavoratore  dipendente  di un’amministrazione  pubblica  ne
comunica  il  dispositivo  all’amministrazione  di  appartenenza  e,  su  richiesta  di  questa,
trasmette  copia  integrale  del  provvedimento.  La  comunicazione  e  la  trasmissione  sono
effettuate con modalità telematiche, ai sensi del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, entro
trenta giorni dalla data del deposito».
D) NUOVI ILLECITI DISCIPLINARI
La riforma ha introdotto nuove ipotesi di illecito  disciplinare sanzionate ex
lege, in aggiunta alle infrazioni e alle relative sanzioni previste dai contratti collettivi
nazionali  di  lavoro,  sulle  quali  è  opportuno  richiamare  la  particolare  attenzione
delle SS.LL..
Rifiuto di collaborare al procedimento disciplinaresenza giustificato motivo.
Il  comma  7  dell’articolo  55-bis,  citato,  dispone  che  «il  lavoratore  dipendente  o  il
dirigente, appartenente alla stessa amministrazionepubblica dell’incolpato o ad una diversa,
che, essendo a conoscenza per ragioni di ufficio o di servizio di informazioni rilevanti per un
procedimento  disciplinare  in  corso,  rifiuta,  senza  giustificato  motivo,  la  collaborazione
richiesta dall’autorità disciplinare procedente ovvero rende dichiarazioni false o reticenti, è
soggetto  all’applicazione,  da  parte  dell’amministrazione  di  appartenenza,  della  sanzione
disciplinare  della  sospensione  dal  servizio  con  privazione  della  retribuzione,  commisurata
alla gravità dell’illecito contestato al dipendente, fino ad un massimo di quindici giorni».
Nuove regole per la
comunicazione della
sentenza penale
all’Amministrazione
Applicabilità anche
ai dirigenti scolastici
Dipartimento per l’istruzione
f.manca
11
Omissioni  e  ritardi  nell’esercizio  dell’azione  disciplinare;  valutazioni
irragionevoli o manifestamente infondate.
Il  comma  3  del  nuovo  articolo  55-sexies,  del  decreto  legislativo  n.  165  del  2001,
introdotto  dall’articolo  69  del  decreto  legislativo n.  150  del  2009,  dispone  che  «il
mancato esercizio o la decadenza dell’azione disciplinare, dovuti all’omissione o al ritardo,
senza  giustificato  motivo,  degli  atti  del  procedimento  disciplinare  o  a  valutazioni
sull’insussistenza  dell’illecito  disciplinare  irragionevoli  o  manifestamente  infondate,  in
relazione a condotte aventi oggettiva e palese rilevanza disciplinare, comporta, per i soggetti
responsabili  aventi  qualifica  dirigenziale,  l’applicazione  della  sanzione  disciplinare  della
sospensione  dal  servizio  con  privazione  della  retribuzione  in  proporzione  alla  gravità
dell’infrazione  non  perseguita, fino  ad  un massimo  di  tre  mesi  in  relazione  alle  infrazioni
sanzionabili  con  il  licenziamento,  ed  altresì  la  mancata  attribuzione  della  retribuzione  di
risultato per un importo pari a quello spettante per il doppio del periodo della durata della
sospensione. Ai soggetti non aventi qualifica dirigenziale si applica la predetta sanzione della
sospensione dal servizio con privazione della retribuzione, ove non diversamente stabilito dal
contratto collettivo».
L’articolo  55  citato,  limitatamente  alle  infrazioni disciplinari  richiamate  ai  punti
precedenti, prevede, al comma 4, che quando le stesse sono ascrivibili al dirigente,
fermo  quanto  previsto  nell’articolo  21  del  decreto  legislativo  n.  165  del  2001,  si
applicano, ove non diversamente stabilito dal contratto collettivo, le disposizioni di
cui al comma 4 del predetto articolo 55-bis, citato,  «ma le determinazioni conclusive del
procedimento  sono  adottate  dal  dirigente  generale  o titolare  di  incarico  conferito  ai  sensi
dell’articolo 19, comma 3».
È  utile  ricordare  che  nei  confronti  dei  dirigenti  scolastici  quest’ultima  regola
procedurale,  che  fissa  in  capo  all’organo  di  vertice  dell’Amministrazione  la
competenza ad irrogare le richiamate specifiche sanzioni, opera in via generale per
tutte le tipologie di infrazioni gravi agli stessi  riferibili (cfr., le indicazioni fornite al
paragrafo B).
Licenziamento disciplinare.
L’articolo  55-quater  del  decreto  legislativo  n.  165 del  2001,   introdotto  ex  novo
dall’articolo  69  del  decreto  legislativo  n.  150  del 2009,  disciplina  una  serie  di
infrazioni  per  la  commissione  delle  quali  è  prevista  l’irrogazione  della  sanzione
espulsiva  del  licenziamento  disciplinare.  Si  riportano  di  seguito  le  singole
fattispecie, applicabili nei confronti di tutte le  categorie di dipendenti, ivi compreso
il personale scolastico:
a) falsa attestazione della presenza in servizio, mediante l’alterazione dei sistemi di
rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente, ovvero giustificazione
dell’assenza  dal  servizio  mediante  una  certificazione  medica  falsa  o  che  attesta
falsamente uno stato di malattia;
b)  assenza  priva  di  valida  giustificazione per  un  numero  di  giorni,  anche  non
continuativi,  superiore  a  tre  nell’arco  di  un  biennio  o  comunque  per  più  di  sette
giorni nel corso degli ultimi dieci anni ovvero mancata ripresa del servizio, in caso
di assenza ingiustificata, entro il termine fissatodall’amministrazione;
Competenza esclusiva
del direttore generale
dell’USR
Dipartimento per l’istruzione
f.manca
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c)  ingiustificato  rifiuto  del  trasferimento disposto  dall’amministrazione  per
motivate esigenze di servizio;
d)  falsità  documentali  o  dichiarative commesse  ai  fini  o  in  occasione
dell’instaurazione del rapporto di lavoro o di progressioni di carriera;
e)  reiterazione  nell’ambiente  di  lavoro  di  gravi  condotte aggressive  o  moleste  o
minacciose  o  ingiuriose  o  comunque  lesive  dell’onore  e  della  dignità  personale
altrui;
f)  condanna  penale  definitiva,  in  relazione  alla  quale  è  prevista  l’interdizione
perpetua  dai  pubblici  uffici  o  l’estinzione,  comunque  denominata,  del  rapporto  di
lavoro;
Il  licenziamento  in  sede  disciplinare  è  disposto,  altresì,  nel  caso  di  prestazione
lavorativa,  riferibile  ad  un  arco  temporale  non  inferiore  al  biennio,  per  la  quale
l’amministrazione di appartenenza formula, ai sensidelle disposizioni legislative e
contrattuali  concernenti  la  valutazione  del  personale  delle  amministrazioni
pubbliche,  una  valutazione  di  insufficiente  rendimento e  questo  è  dovuto  alla
reiterata  violazione  degli  obblighi  concernenti  la  prestazione  stessa,  stabiliti  da
norme  legislative  o  regolamentari,  dal  contratto  collettivo  o  individuale,  da  atti  e
provvedimenti  dell’amministrazione  di  appartenenza  o  dai  codici  di
comportamento  di  cui  all’articolo  54  del  decreto  legislativo n.  165  del  2001  (cfr.,  il
comma 2 dell’articolo in questione).
Nelle more della definizione, attraverso l’appositostrumento previsto dall’articolo
74,  comma  4,   del  decreto  legislativo  n.  150  del  2009  (decreto  del  Presidente  del
Consiglio dei Ministri, adottato di concerto con iMinistri dell’istruzione, università
e ricerca e dell’Economia e finanze), dei limiti e  delle modalità di applicazione del
sistema  di  valutazione  delle  performance  e  di  riconoscimento  della  premialità
disciplinato  nei  Titoli  II  e  III  del  medesimo  decreto  legislativo,  continua  ad
applicarsi nei confronti del personale docente ed educativo, l’istituto della dispensa
dal  servizio  per  «incapacità  o  persistente  insufficiente  rendimento»,  disciplinato
dall’articolo 512 del decreto legislativo n. 297 del 1994.
Nei casi di cui alle lettere a), d), e) ed f), di cui sopra, il licenziamento è comminato
senza preavviso.
Assenze per malattia.
Per quanto attiene alle assenze per malattia, l’articolo 55-septies, introdotto ex novo
dall’articolo 69 del decreto legislativo n. 150 del2009, individua nuove modalità di
controllo  che  prevedono  una  certificazione  medica  rilasciata  da  una  struttura
sanitaria  pubblica  o  da  un  medico  convenzionato  con il  SSN,  per  le  assenze
superiori a 10 giorni e dopo il secondo evento di malattia nell’anno solare. Il medico
o la struttura sanitaria sono inoltre tenuti a trasmettere il certificato medico all’INPS
per via telematica, ai fini dell’attivazione dei controlli nei confronti del dipendente.
L’inosservanza  di  tale  obbligo  costituisce  illecito disciplinare  e,  in  caso  di
reiterazione, comporta l’applicazione della sanzione del licenziamento ovvero, per i
Limiti
all’applicabilità
dell’infrazione ai
docenti
Dipartimento per l’istruzione
f.manca
13
medici  in  rapporto  convenzionale  con  le  aziende  sanitarie  locali,  della  decadenza
dalla convenzione, in modo inderogabile dai contratti o accordi collettivi.
L’Amministrazione dispone il controllo in ordine alla sussistenza della malattia del
dipendente anche nel caso di assenza di un solo giorno, tenuto conto delle esigenze
funzionali  e  organizzative.  Le  fasce  orarie  di  reperibilità  del  lavoratore,  entro  le
quali  devono  essere  effettuate  le  visite  mediche  di controllo,  sono  stabilite  con
decreto del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione.
Il  comma  6,  dell’articolo  55-septies, citato,  prevede,  infine, che  «il  responsabile  della
struttura  in  cui  il  dipendente  lavora  nonché  il  dirigente  eventualmente  preposto
all’amministrazione  generale  del  personale,  secondo le  rispettive  competenze,  curano
l’osservanza  delle  disposizioni  del  presente  articolo,  in  particolare  al  fine  di  prevenire  o
contrastare,  nell’interesse  della  funzionalità  dell’ufficio,  le  condotte  assenteistiche.  Si
applicano, al riguardo, le disposizioni degli articoli 21 e 55-sexies, comma 3».
Condanna della pubblica amministrazione al risarcimento del danno.
A  norma  del  già  citato  articolo  55-sexies,  la  violazione,  da  parte  del  dipendente,
degli  obblighi  legati  alla  prestazione  lavorativa  – stabiliti  da  norme  legislative  o
regolamentari,  dal  contratto  collettivo  o  individuale,  da  atti  o  provvedimenti
dell’amministrazione  di  appartenenza  o  dai  codici  di  comportamento  di  cui
all’articolo 54 – alla quale consegua la condanna della pubblica amministrazione al
risarcimento  del  danno,  comporta  l’applicazione  nei suoi  confronti,  ove  già  non
ricorrano  i  presupposti  per  l’irrogazione  di  un’altra  sanzione  disciplinare,  della
sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da 3 giorni a 3 mesi, in
proporzione dell’entità del risarcimento (cfr., il comma 1 dell’articolo in questione).
Fuori  da  questi  casi,  il  lavoratore,  quando  cagiona grave  danno  al  normale
funzionamento  dell’ufficio  di  appartenenza,  per  inefficienza  o  incompetenza
professionale  accertate  dall’Amministrazione  ai  sensi  delle  disposizioni
legislative  e  contrattuali  concernenti  la  valutazione  del  personale  delle
amministrazioni pubbliche, è collocato in disponibilità, all’esito del procedimento
disciplinare  che  accerta  tale  responsabilità,  con  conseguente  applicazione  nei  suoi
confronti delle disposizioni di cui all’articolo 33, comma 8, e all’articolo 34, commi 1,
2,  3  e  4  del  decreto  legislativo  n.  165  del  2001.  Il  provvedimento  che  definisce  il
giudizio  disciplinare  stabilisce  anche  le  mansioni  e  la  qualifica  per  le  quali  può
avvenire  l’eventuale  ricollocamento.  Durante  il  periodo  nel  quale  è  collocato  in
disponibilità,  il  lavoratore  non  ha  diritto  di  percepire  aumenti  retributivi
sopravvenuti (cfr., il comma 2 dell’articolo in questione).
Con riferimento a quest’ultima fattispecie, si richiama quanto detto sopra (pag. 12) a
proposito del licenziamento disciplinare con preavviso per insufficiente rendimento.
Richiamando  quanto  già  sottolineato  più  volte,  gli  organi  disciplinari  competenti,
qualora  le  condotte  integranti  le  nuove  fattispecie di  illecito  siano  riferibili  agli
insegnanti,  devono  assicurare  che  l’esercizio  del  relativo  potere  sia  effettivamente
rivolto alla repressione di comportamenti antidoverosi e non a sindacare, neppure
indirettamente, l’autonomia della funzione docente.
Responsabilità del
dirigente per
inosservanza delle
norme sui controlli
Conseguenze
disciplinari
Libertà di
insegnamento e
autonomia della
funzione docente
Dipartimento per l’istruzione
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Il legislatore, infine, ha previsto che la eventuale responsabilità civile del dirigente
conseguente  al  non  corretto  esercizio  dell’azione  disciplinare,  sia  limitata,  in
conformità ai principi generali, ai soli casi di dolo e colpa grave (cfr., il comma 4,
dell’ articolo 55 sexies, citato).
E) NUOVA FATTISPECIE DI ILLECITO PENALE
L’articolo  55-quinques  del  decreto  legislativo  n.  165  del  2001,  introdotto  ex  novo
dall’articolo 69 del decreto legislativo n. 150 del2009, disciplina una ipotesi di reato
specifica per il dipendente di una pubblica amministrazione che attesta falsamente
la  propria  presenza  in  servizio,  mediante  l’alterazione  dei  sistemi  di  rilevamento
della  presenza  o  con  altre  modalità  fraudolente,  o  giustifica  l’assenza  dal  servizio
mediante  una  certificazione  medica  falsa  o  falsamente  attestante  uno  stato  di
malattia. Le sanzioni previste sono la reclusione da uno a cinque anni e la multa da
euro 400 ad euro 1.600. Le medesime pene si applicano al medico e a chiunque altro
concorra nella commissione del delitto.
In questi casi, il lavoratore, ferme la responsabilità penale e disciplinare e le relative
sanzioni, è obbligato a risarcire il danno patrimoniale, pari al compenso corrisposto
a titolo di retribuzione nei periodi per i quali sia accertata la mancata prestazione,
nonché il danno all’immagine subiti dall’Amministrazione.
La sentenza definitiva di condanna o di applicazione della pena per il delitto di cui
al  comma  1  comporta,  per  il  medico,  la  sanzione  disciplinare  della  radiazione
dall’albo  ed  altresì,  se  dipendente  di  una  struttura  sanitaria  pubblica  o  se
convenzionato con il servizio sanitario nazionale, il licenziamento per giusta causa o
la decadenza dalla convenzione. Le medesime sanzioni disciplinari si applicano se il
medico, in relazione all’assenza dal servizio, rilascia certificazioni che attestino dati
clinici non direttamente constatati né oggettivamente documentati.
Richiamando  quando  detto  più  sopra  a  proposito  delle  questioni  attinenti
all’applicazione  della  riforma  nel  regime  transitorio,  è  opportuno  ribadire  che   in
ossequio al principio di legalità le nuove previsioni di illecito disciplinare e penale,
di  cui  ai  paragrafi  C)  e  D),  non  possono  essere  applicate  a  condotte  verificatesi
anteriormente alla loro entrata in vigore.
Tuttavia, nel caso in cui la notizia di fatti corrispondenti a queste ultime condotte sia
stata  acquisita  dopo  tale  momento,  l’amministrazione  sarà  comunque  tenuta  ad
osservare le regole procedurali dettate dal decretolegislativo n. 150 del 2009, anche
se, per i profili sostanziali, continuerà a fare riferimento alla disciplina previgente.
Pertanto, nell’ipotesi considerata, la sanzione sarà applicata dai nuovi organi con le
modalità procedimentali introdotte dalla riforma, ma le singole fattispecie concrete
dovranno  essere  inquadrate  entro  le  previsioni  astratte  di  illecito  disciplinare
rinvenibili nella normativa contrattuale, per il personale ATA e i dirigenti scolastici,
Responsabilità civile
del dirigente: limiti
Principio di legalità e
regime transitorio
Falsa attestazione
della presenza in
servizio
Dipartimento per l’istruzione
f.manca
15
o legislativa antecedente, per il personale docentedi ruolo e a tempo determinato
(cfr.,  la  Circolare  n.  9  del  27  novembre  2009,  Dipartimento  funzione  pubblica,  già
citata a pag. 3).
F) LA SOSPENSIONE CAUTELARE
Il  decreto  legislativo  n.  150  del  2009  nulla  dispone  in  ordine  alla  sospensione
cautelare  del  lavoratore  prima  che  sia  iniziato  o  esaurito  il  procedimento
disciplinare.
Nel  silenzio  del  legislatore  è  da  ritenere  che  occorre  continuare  a  fare  riferimento
alla  disciplina  previgente,  concernente  i  presupposti  in  presenza  dei  quali  può
essere assunta la predetta misura e le modalità procedurali da seguire a garanzia del
lavoratore.
Ed,  invero,  ad  orientare  in  tal  senso  concorre  anche  una  indicazione  testuale
proveniente   dall’articolo  69,  che,  introducendo  nel  decreto  legislativo  n.  165  del
2001  il  nuovo  regime  dei  rapporti  fra  procedimento  disciplinare  e  procedimento
penale (di cui all’articolo 55-ter), fa salva la possibilità di adottare la sospensione o
altri strumenti cautelari nei confronti del dipendente.
Ma  anche  in  assenza  del  suddetto  esplicito  richiamo,  la  necessità  di  ricorrere
all’attivazione  di  rimedi  cautelari  che,  in  presenza  di  fattori  gravi  e  non
procrastinabili,  consentano  il  ripristino  immediato delle  condizioni  di  normalità  e
serenità dell’ambiente lavorativo, è insita al sistema, in quanto funzionale al rispetto
del principio costituzionale del buon andamento.
Pertanto,  le  fattispecie  di  sospensione  cautelare  continuano  ad  essere  disciplinate
dalle norme specifiche, applicabili a tutti i dipendenti pubblici, contenute nelle leggi
antecedenti  alla  riforma  e  dai  contratti  collettivi nazionali  di  lavoro  vigenti  per  i
singoli  comparti,  le  cui  disposizioni,  com’è  noto,  fatta  eccezione  per  il  personale
docente  della  scuola  (di  cui  si  dirà  appresso),  hanno  sostituito  quelle  di  cui  agli
articoli  91-99  del  Testo  unico  degli  impiegati  civili  dello  Stato,  emanato  con  il
decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3.
Più precisamente, le norme cui fare riferimento sono le seguenti:
–  articolo 97 del CCNL 29 novembre 2007, comparto Scuola, per il personale
ATA;
–  gli artt. 17, 18 e 19, CCNL del 15 luglio 2010, personale dirigente dell’Area V,
per i dirigenti scolastici.
Un discorso a parte, si diceva, deve essere fatto con riferimento al personale docente
ed  educativo  della  scuola,  per  il  quale  occorre  necessariamente  partire  da  una
ricostruzione  sintetica  del  regime  precedente.   Si  procederà,  pertanto,  a  una
trattazione separata per ciascuna categoria di personale della scuola.
Sospensione cautelare
e correlazione con il
principio di buon
andamento
Dipartimento per l’istruzione
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Personale docente ed educativo.
Nei confronti di detto personale, stante il rinvio della contrattualizzazione dei profili
disciplinari del relativo rapporto di lavoro, di cui si è già parlato (v., paragrafo A), la
materia in questione era disciplinata dagli articoli 91-99 del D.P.R. n. 3 del 1957, già
richiamati,  in  virtù  dell’esplicito  rinvio  operato  dall’articolo  506  del  decreto
legislativo n. 297 del 1994, nonché dalla legislazione successiva applicabile a tutti i
pubblici dipendenti, tuttora vigente e di cui si è fatto cenno sopra.
Da  tale  impianto  emergevano  due  tipi  di  intervento  cautelare:  la  sospensione
obbligatoria e quella facoltativa.
La sospensione obbligatoria operava quando:
–  era stata disposta dall’autorità giudiziaria procedente una misura cautelare
restrittiva della libertà personale (art. 91, comma1, seconda parte, D.P.R. n.
3/57, citato);
–  il dipendente, ai sensi dell’articolo 4, comma 1, della legge 27 marzo 2001, n.
97,  era  stato  condannato  anche  con  sentenza  non  definitiva,  e,  ancorché  in
costanza  di  sospensione  condizionale  della  pena,  per  reati  tassativamente
indicati:  peculato,  concussione,  corruzione  per  atto  contrario  ai  doveri
d’ufficio,  corruzione  in atti  giudiziari  e  corruzione  di  persona  incaricata  di
pubblico servizio.
In  presenza  di  queste  fattispecie  l’adozione  del  provvedimento  cautelare  era  del
tutto svincolata da qualsiasi valutazione dell’Amministrazione che doveva pertanto
disporla  ricorrendo  circostanze  obbiettive  poste  dalla  norma.  La  Corte
costituzionale,  con  sentenza  22  aprile-3maggio  2002,  n.  145  (Gazz.  Uff.  8  maggio
2002, n. 18 – Prima serie speciale), dichiarava, tra l’altro, l’illegittimità del suddetto
comma,  nei  sensi  di  cui  in  motivazione,  nella  parte in  cui  disponeva  che  la
sospensione  perdeva  efficacia  decorso  il  periodo  di tempo  pari  a  quello  della
prescrizione del reato.
Sempre  con  riferimento  alle  ipotesi  di  sospensione  cautelare  obbligatoria  giova,
altresì, evidenziare che ai sensi del comma 5, dell’articolo 506, sopra richiamato, la
sospensione  cautelare  doveva  essere  disposta  d’ufficio  quando  ricorreva  uno  dei
casi ostativi alla candidatura presso organi elettivi delle regioni e degli enti locali,
tassativamente contemplati dall’articolo 1, comma 1, della legge 18 gennaio 1992, n.
16.   A  seguito  dell’abrogazione  di  quest’ultima  disposizione  da  parte  dell’articolo
274 del D.Lgsl. 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unicodelle leggi sull’ordinamento degli
enti locali), in forza della norma finale dettata dal successivo articolo 275, il richiamo
deve  oggi  intendersi  riferito  alle  sole  ipotesi  individuate  dall’articolo  15  del
medesimo decreto legislativo.
La sospensione cautelare era invece facoltativa in due casi:
–  quando il dipendente era sottoposto ad un procedimento penale per un reato
particolarmente grave (art. 91, comma 1, prima parte, D.P.R. n. 3/57, citato);
–  quando  ricorrevano  gravi  motivi,  indipendentemente  dalla  loro  rilevanza
penale,  «anche prima che sia esaurito o iniziato il procedimento disciplinare»(art.
Regime giuridico ante
riforma
Dipartimento per l’istruzione
f.manca
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92,  comma  1,D.P.R.  n.  3/57,  cit.).  La  valutazione  in  ordine  alla  gravità  dei
motivi  era  rimessa  al  prudente  apprezzamento  dell’organo  competente  ad
adottare il provvedimento.
In entrambe le suddette ipotesi di sospensione facoltativa, doveva essere compiuto
un apprezzamento in merito all’interesse pubblico concretamente configurabile ed
alla  valutazione  se  esso  fosse  tale  da  richiedere  l’allontanamento  provvisorio  del
dipendente dal servizio. Diveniva rilevante, in particolare, sia la particolare gravità
del  reato,  sia  l’opportunità  di  adottare  il  relativo  provvedimento  con  riguardo  ai
precedenti  ed  alla  personalità  del  dipendente,  ed  all’interesse  dei  fruitori  del
servizio scolastico e dell’Amministrazione stessa.
Doveva  comunque  essere  effettuata  una  tempestiva  e  rigorosa  valutazione  nei
seguenti casi:
a)  nei  confronti  di  chi  era  imputato  di  reati  (609  bis –  violenza  sessuale  –  e
seguenti del codice penale) in danno di minori affidati;
b)  quando la gravità dei reati contestati tendeva ad  inficiare quel rapporto di
fiducia  intercorrente  tra  il  dipendente  e  l’Amministrazione,  tanto  da  non
consentire la prosecuzione di un corretto rapporto di lavoro;
c)  quando  i  fatti  contestati  apparivano  in  evidente,  palese  contrasto  con  la
funzione (dirigenziale, docente o amministrativa) istituzionalmente espletata
o  non  conformi,  in  maniera  grave,  ai  doveri  specifici  inerenti  alla funzione
stessa.
L’interesse del docente rimesso in libertà ad essere reintegrato nel posto di lavoro,
pertanto,  doveva  essere  comparato  con  l’eventuale  pregiudizio  che  tale  reintegro
poteva arrecare alla regolarità del servizio ed al prestigio della scuola.
Il comma 4 del art. 506 del decreto legislativo n.  297 del 1994, citato, prevedeva poi
una  norma  di  chiusura  volta  a  regolamentare  quelle  ipotesi  residuali  in  cui  la
necessità  del  provvedimento  cautelare  derivasse  da  «ragioni di particolare  urgenza».
Detta norma, in particolare, disponeva che la sospensione cautelare potesse essere
assunta  dal  direttore  didattico  o  dal  preside,  sentito  il  collegio  dei  docenti  per  il
personale  docente,  salvo  convalida  da  parte  dell’autorità  competente  cui  il
provvedimento  doveva  essere  immediatamente  comunicato.  In  mancanza  di
convalida  entro  il  termine  di  dieci  giorni  dall’adozione,  il  provvedimento  di
sospensione si intendeva revocato di diritto.
La  circolare  ministeriale  n.  72  del  19  dicembre  2006,  recante  le  linee  di  indirizzo
generali  per  i  procedimenti  e  le  sanzioni  disciplinari  nel  comparto  scuola,  aveva
chiarito che la competenza ad adottare i provvedimenti di sospensione cautelare, sia
obbligatori  che  facoltativi,  spettava  al  direttore  generale  dell’Ufficio  scolastico
regionale o al dirigente munito di specifica delega.
Nei  casi,  ricordati  sopra,  in  cui  ricorrevano  le  «ragioni  di  particolare  urgenza»,  da
valutare con prudente ed attento apprezzamento, la  medesima circolare affidava al
dirigente scolastico la competenza ad adottare il provvedimento di sospensione e al
direttore generale regionale quella relativa alla convalida.
Ricostruzione del
sistema previgente
secondo la Circolare
del Ministro della
pubblica istruzione 19
dicembre 2006, n. 72
Dipartimento per l’istruzione
f.manca
18
Relativamente  sempre  a  queste  ultime  ipotesi,  va,  infine,  richiamato,  l’articolo  2,
comma 1, lettera b), del decreto legge 7 settembre 2007, n. 147, convertito dalla legge
25  ottobre  2007,  n.  176,  che,  innovando  rispetto  alla  precedente  disciplina,  aveva
previsto  che  la  sospensione  cautelare  nei  confronti del  personale  docente,  fosse
adottata  dal  dirigente  scolastico  senza  la  previa  consultazione  del  collegio  dei
docenti.  Il  relativo  provvedimento  doveva  essere  «immediatamente  comunicato  al
dirigente  preposto  all’ufficio  scolastico  regionale»  che  entro  i  successivi  dieci  giorni
procedeva alla convalida, «pena la revoca di diritto della sospensione» (cfr., il comma 4,
dell’articolo 506, citato, come riformulato dal medesimo decreto legge).
La norma di cui trattasi aveva anche regolato in modo esplicito la possibilità che la
sospensione  cautelare  in  parola  riguardasse  il  dirigente  scolastico,  affidando  il
relativo potere al dirigente generale dell’ufficio  scolastico regionale. Analogamente
a  quanto  accadeva  per  i  docenti,  in  mancanza  di  conferma  entro  il  medesimo
termine  sopra  richiamato,  il  provvedimento  si  intendeva  revocato  di  diritto  (cfr.,
sempre il comma 4, dell’articolo 506, citato, come riformulato dal medesimo decreto
legge).
Su tale impianto normativo, che secondo la ricostruzione ermeneutica effettuata nel
presente paragrafo, avrebbe dovuto disciplinare la materia relativa alla sospensione
cautelare anche dopo la riforma, impatta l’articolo72 del decreto legislativo n. 150
del 2009, già richiamato. Ed infatti tale disposizione espungendo dall’ordinamento
gli articoli da 502 a 507 del decreto legislativo 297 del 1994, travolge anche l’articolo
506, come riformulato dal decreto legge n. 147 del 2007, citato.
Invero,  il  predetto  articolo  72,  nell’intento  di  ricondurre  l’esercizio  del  potere
disciplinare entro regole procedurali uniformi per tutte le amministrazioni, travalica
la sua stessa ratio ispiratrice determinando, di fatto, nella materia di cui trattasi, un
vuoto legislativo e il conseguente venir meno dei riferimenti giuridici specifici sui
quali  si  basavano  gli  strumenti  cautelari  speciali  attivabili  nei  confronti  del
personale  docente  ed  educativo,  soprattutto  con  riferimento  alle  ipotesi  di
sospensione determinata da gravi e urgenti motivi.
Considerato,  peraltro,  che  l’azione  disciplinare  volta  a  reprimere  le  condotte
antidoverose di detto personale è principalmente preordinata alla tutela dei valori
fondamentali  che  la  funzione  educativa  deve  salvaguardare,  l’esigenza  di
preservare il rapporto fiduciario che si instaura tra l’utente e l’istituzione che eroga
il  servizio  dell’istruzione,  assume  tuttora  per  la  comunità  scolastica  una  rilevanza
del tutto peculiare.
Ne  discende  che,  in  presenza  di  comportamenti  contrari  ai  doveri  d’ufficio  con
carattere  di  particolare  gravità,  il  suddetto  rapporto  rischierebbe  di  incrinarsi
laddove  venisse  confermata  la  permanenza  in servizio  e,  dunque,  la  possibilità  di
agire, di colui che di tali addebiti è chiamato a rispondere.
In effetti, proprio al fine di tutelare il “buon andamento” del servizio di istruzione,
ai sensi dell’art. 97 Cost., e quindi di assicuraremassima protezione ai beni-interessi
sottesi  al  regolare  e  corretto  esercizio  della  funzione  educativa,  l’ordinamento
previgente  aveva  riconosciuto  in  capo  all’Amministrazione  il  potere  di  adottare,
anche  prima  che  fosse  esaurito  o  iniziato  il  procedimento  disciplinare,  specifici
Innovazioni introdotte
dal decreto legge n.
147 del 2007
Articolo 72 del
D.Lgsl. n. 150 del
2009 e conseguenze
negative delle
abrogazioni disposte
Necessità di colmare
in via interpretativa il
vuoto legislativo con
riferimento al
personale docente
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provvedimenti  di  sospensione  cautelare  dall’esercizio  delle  funzioni,  nel  rispetto
delle garanzie che devono essere comunque assicurate all’incolpato.
Alla  luce  delle  considerazioni  appena  svolte,  e  in  attesa  che  disposizioni  più
specifiche  sulla  materia  siano  introdotte  in  occasione  del  prossimo  rinnovo  del
contratto  collettivo  nazionale  di  lavoro  relativo  al  personale  docente,  occorre
dunque  verificare  se  all’interno  dell’ordinamento  giuridico  esistano  i  referenti
normativi  che  giustificano  la  permanenza  del  potere di  sospensione  cautelare  in
capo  all’Amministrazione,  nonostante  l’intervenuta  abrogazione  dell’articolo  506,
più volte citato.
Al riguardo si deve ritenere che, stante la privatizzazione del lavoro pubblico, tale
potere non sia più condizionato dall’esistenza di  una norma ad hoc, ma possa ben
trovare la propria legittimazione giuridica sulla base dei principi gius-lavoristici.
Difatti, al di fuori dei casi specificamente previsti dalle norme legislative (si vedano
le ipotesi considerata dalla già richiamata legge 27 marzo 2001, n. 97, applicabile a
tutti i dipendenti delle amministrazioni pubbliche)o contrattuali (ad es., l’articolo 97
del  CCNL  Scuola  2006-2009,  per  il  personale  ATA,  nonché  gli  articoli  17  e  18  del
CCNL  Area  V  2006-2009,  per  i  dirigenti  scolastici), la  sospensione  cautelare  va
ritenuta, come nel settore privato, espressione delpotere organizzativo e direttivo
dell’Amministrazione datore di lavoro (articolo 2086 del codice civile), che trova il
proprio fondamento costituzionale nel principio di libera iniziativa economica di cui
all’articolo 41 della Carta fondamentale.
Questa  ricostruzione  emerge  con  chiarezza  negli  orientamenti  sia  della  dottrina
civilistica  sia  della  giurisprudenza  formatisi  nel  settore  del  lavoro  privato,  che,
argomentando  dal  combinato  disposto  degli  articoli  41  Cost.  e  2086  codice  civile,
riconducono il fondamento dell’istituto all’esercizio del potere direttivo del datore
di lavoro e ne ancorano presupposti e limiti all’articolo 1206 del codice civile, che
ammette la mora del creditore (id est, il datore di lavoro) solo nel caso in cui rifiutila
prestazione  lavorativa  senza  un  motivo  legittimo,  così  escludendosi  la  mora
accipiendi.
E  ciò  indipendentemente  dal  fatto  che  la  sospensione  cautelare  sia  espressamente
prevista e disciplinata dalla legge o dalla contrattazione collettiva.
È utile, al riguardo, richiamare le pronunce più significative.
La Suprema Corte, risolvendo in senso positivo la questione dell’ammissibilità della
sospensione  cautelare  assunta  in  difetto  di  specifiche  disposizioni  legali  o
contrattuali e al di fuori della correlazione con l’azione disciplinare, ha affermato la
legittimità  di  disporla  da  parte  del  datore  di  lavoro  in  quanto  rientrante
nell’esercizio del potere organizzativo e direttivoriconosciuto dall’articolo 41 Cost.
(si veda, per tutte, Cass. lav. 4 marzo 1998, n. 2361). Ad avviso dei giudici, la ratio di
tale  provvedimento  risiede  in  un  duplice  motivo:  «non  solo  il  tempo  necessario  per
valutare  il  comportamento  in  vista  di  provvedimenti disciplinari,  ma  anche,
indipendentemente,  il  riflesso,  sull’organizzazione interna  e  sulla  immagine  esterna
dell’impresa, del mantenimento in azienda di un lavoratore colpito ad es. da accuse oggetto di
indagine  penale.  […]  Ricondotto  il  rifiuto  della  prestazione  del  lavoratore  alla  “mora
accipiendi”, esso comporta per il datore di lavoro,se non giustificato o non più giustificato
(come ad es nel caso di esito favorevole al datore  di lavoro del procedimento penale che ha
Ricorso ai principi
gius-lavoristici in
assenza di norme
specifiche
Sospensione cautelare
come espressione del
potere direttivo e
organizzativo del
datore di lavoro e
come rifiuto legittimo
della prestazione
lavorativa: articoli
2086 e 1206 del codice
civile
Orientamenti
dottrinali e
giurisprudenziali nel
settore privato
Dipartimento per l’istruzione
f.manca
20
motivato  la  sospensione),  l’obbligo  di  risarcire  i  danni  subiti  dal  dipendente.  L’entità  e
tipicità  di  tali  danni  (ad  es.  quelli  associati  alla  dequalificazione  professionale)  possono
tradursi  in  una  delimitazione  dell’estensione  del  motivo  legittimo  rispetto  a  rapporti
obbligatori  diversi  da  quelli  di  lavoro  subordinato,  ma  non  sembra  dubbio  che  la
sottoposizione del dipendente a procedimento penalepossa costituire, in funzione del tipo di
addebito, un legittimo motivo di interruzione dell’esecuzione del rapporto indipendente dalle
determinazioni (esclusione della rilevanza disciplinare dei fatti addebitati, instaurazione di
procedimento  disciplinare,  attesa  dell’esito  del  procedimento  penale)  adottate  dal  datore  di
lavoro sul piano disciplinare».
Da tali principi ne discende che:
a)  la  sussistenza  di  disposizioni  ad  hoc  non  è  una  condizione  necessaria  per
riconoscere  in  capo  al  datore  di  lavoro  pubblico  il potere  di  sospensione
cautelare,  dovendosi  ricondurre  tale  potere  nel  più ampio  potere
organizzativo  e  direttivo  a  questi  riconosciuto  ai  sensi  del  combinato
disposto degli articoli 41 Cost. e 2086 codice civile;
b)  in  assenza  delle  medesime  disposizioni,  gli  effetti di  una  sospensione
cautelare che si riveli ingiustificata possono essere regolati dalla normativa
civilistica sul contratto e, specificamente, dall’articolo 1206 del codice civile.
Di  conseguenza,  l’abrogazione  dell’articolo  506  del D.Lgsl.  n.  297  del  1994,  non
determina  l’impossibilità  giuridica  di  sospendere  cautelativamente  il  personale
docente  ed  educativo,  perché i  relativi  provvedimenti  sono  espressione del  potere
organizzativo  e  direttivo  dell’Amministrazione,  costituzionalmente  garantito;  ma
neppure  di  definirne  presupposti,  effetti  e  limiti, in  quanto  essi  sono   rinvenibili
nelle norme generali sul contratto.
Con  riferimento  ai  presupposti  sostanziali  in  presenza  dei  quali  è  ammesso
l’esercizio del potere cautelare in esame, si è detto che l’articolo 1206 c.c. ammette il
rifiuto della prestazione lavorativa da parte del datore di lavoro solo in presenza di
un motivo legittimo.
Nei confronti del personale docente ed educativo, sono suscettibili di integrare tale
presupposto:
–  le esigenze cautelari connesse con un procedimento  penale in corso e/o con
un procedimento disciplinare attivato oppure di imminente attivazione;
–  il  rilievo  dell’interesse  pubblico  garantito  attraverso  il  provvedimento  di
sospensione.  Si  tratta  di  valutare,  pur  con  l’incertezza  circa  l’esito
dell’accertamento  penale  o  della  vicenda,  in  relazione  al  tipo  di  reato  e  al
tipo  di  soggetto  passivo  (ad  esempio,  la  violenza  sessuale  nei  confronti  di
alunni), il grave pregiudizio e turbamento provocato (per gli alunni), nonché
i riflessi negativi che la permanenza del docente in servizio può causare alla
serenità dell’ambiente scolastico.
Questa  impostazione  trova  un  supporto  interpretativo  nella  lettera  del  primo
comma dell’articolo 55-ter del D.Lgsl. n. 165 del 2001, come novellato dal D.Lgsl. n.
150  del  2009,  che,  come  già  visto  nel  paragrafo  C,  consente  la  sospensione  del
procedimento  disciplinare  concomitante  con  il  procedimento  penale,  solo  in
Presupposti e limiti
della sospensione
cautelare del
personale docente
Dipartimento per l’istruzione
f.manca
21
relazione alle infrazioni di maggiore gravità, facendo salva, in tali casi, la facoltà di
sospendere o di adottare altri strumenti cautelari nei confronti del dipendente.
Si  deve,  dunque,  ritenere  che  il  legislatore  abbia  voluto  ricollegare  l’esercizio  del
potere cautelare al ricorrere di uno dei presupposti che legittimano la sospensione
del procedimento disciplinare:
–  la gravità dell’infrazione commessa, tale da giustificare astrattamente e con
valutazione ex ante il licenziamento del dipendente;
–  la contestuale pendenza di un procedimento penale;
–  la  particolare  complessità  dell’accertamento  del  fatto  addebitato  al
dipendente;
–  la  non  sufficienza  degli  esiti  dell’istruttoria  disciplinare  a  motivare
l’irrogazione della sanzione.
La  ricorrenza  di  tali  presupposti  costituisce  la  condizione  necessaria  ma  non
sufficiente a integrare il motivo legittimo di cui  all’articolo 1206 codice civile, citato,
perché l’Amministrazione sarà comunque tenuta a darconto, nella motivazione del
provvedimento  cautelare,  anche  di  tutti  gli  elementi  di  pregiudizio  che  derivano
dalla permanenza in servizio del docente.
In coerenza con le considerazioni appena svolte, che trovano un valido ancoraggio
giuridico nelle indicazioni ricavabili dal citato articolo 55-ter del decreto legislativo
n. 165 del 2001, si deve ritenere non consentito, contrariamente a quanto affermato
dalla giurisprudenza di legittimità per il settore privato (si veda più sopra), il ricorso
alla sospensione o alle altre misure cautelari prima e a prescindere dall’attivazione
di  un  procedimento  disciplinare  o  dalla  pendenza  di un  procedimento  penale  a
carico del docente.
Per  quanto  riguarda  gli  effetti  della  sospensione  cautelare  dal  servizio  sulla
retribuzione, l’intervenuta abrogazione, oltre che  dell’articolo 506, dell’articolo 507
del D.Lgsl. n. 297 del 1994, che rinviava alle disposizioni contenute negli articoli 82 e
92  del  D.P.R.  n.  3  del  1957,  determina  la  necessità di  ricorrere  all’applicazione
analogica  della  norma,  non  abrogata  dalla  riforma,  che  disciplina  le  ricadute
economiche  della  sospensione  dall’insegnamento,  quale  sanzione  disciplinare.
L’articolo  500  del  D.Lgsl.  n.  297  del  1994,  sotto  la  rubrica  “Assegno  alimentare”,
dispone  al  riguardo  che  «nel  periodo  di  sospensione  dall’ufficio  è  concesso un  assegno
alimentare  pari  alla  metà  dello  stipendio,  oltre  agli  assegni  per  carichi  di  famiglia».  La
concessione di tale assegno è disposta  «dalla stessa autorità competente ad infliggere la
sanzione».
Si  deve,  infatti,  ritenere  che  la  ratio  che  ha  indotto  il  legislatore  a  disciplinare  gli
effetti  economici  della  sospensione  disciplinare  dal  servizio  lo  avrebbe  senz’altro
portato   a  regolare  nello  stesso  modo  gli  effetti  economici  della  sospensione
cautelare dal servizio sicché l’applicazione analogica del citato art. 500 trova solida
giustificazione.  In  entrambi  i  casi  si  tratta,  invero,  di  contemperare  l’interesse  del
datore  di  lavoro  (alla  reazione  disciplinare  in  un  caso  ed  alle  regioni  cautelari
nell’altro  caso)  con  l’interesse  del  lavoratore  a  disporre  comunque  di  una  fonte
economica di sostentamento (art. 36 Cost.).
Necessità di motivare
in ordine ai pregiudizi
che deriverebbero
dalla permanenza in
servizio del docente
Effetti economici:
applicazione
analogica
dell’articolo 500 del
D.Lgsl. n. 297 del
1994
Dipartimento per l’istruzione
f.manca
22
Con  riferimento  alla  durata  della  sospensione  cautelare  essa  va  commisurata  alla
permanenza delle ragioni che l’hanno resa necessaria. Pertanto, si deve ritenere che i
relativi  effetti  cessino  con  la  definizione  del  procedimento  penale  e/o  disciplinare
dai quali sia originata. Tuttavia, rimane fermo il  limite di durata massima previsto
dall’articolo 9 della legge 7 febbraio 1990, n. 19,il quale dispone che  «quando vi sia
stata sospensione cautelare dal servizio a causa del procedimento penale, la stessa conserva
efficacia, se non revocata, per un periodo di tempocomunque non superiore ad anni cinque.
Decorso  tale  termine  la  sospensione  cautelare  è  revocata  di  diritto».  Non  è  quindi
necessario che nell’atto con cui si dispone la sospensione cautelare sia indicata tale
durata  massima,  poiché  la  cessazione  degli  effetti  opererebbe  comunque
automaticamente.
In  coerenza  con  la  ricostruzione  ermeneutica  sin  qui  delineata  e  tenuto  conto,  in
particolare, che la sospensione cautelare di cui trattasi, come già chiarito sopra, può
essere disposta solo in presenza di determinati presupposti che, in linea di massima
e  fatto  salvo  l’esito  del  procedimento  disciplinare o  penale,   coincidono  con  una
situazione di gravità tale da giustificare astrattamente e con valutazione ex ante il
licenziamento del docente (destituzione), si ritiene che titolare del relativo potere sia
il direttore generale dell’Ufficio scolastico regionale.
Si  deve,  tuttavia,  considerare  che  nei  casi  di  particolare  gravità  la  distanza  di
quest’ultimo organo dal contesto in cui i fatti rilevanti si sono verificati, pregiudichi
il carattere d’urgenza connaturato allo strumento cautelare, impedendo in concreto
la  possibilità  di  un  allontanamento  immediato  del  docente  dalla  propria  sede  di
servizio  finalizzato  a  ripristinare  il  clima  di  serenità.  In  tali  ipotesi,  proprio  la
necessità  di  assicurare  massima  protezione  ai  beni-interessi  sottesi  al  regolare  e
corretto esercizio della funzione educativa, richiede che la sospensione cautelare sia
provvisoriamente disposta dal dirigente scolastico  nell’esercizio dei poteri datoriali
riconosciuti dal più volte citato articolo 2086 delcodice civile.
Il  provvedimento  provvisoriamente  adottato  perde  automaticamente  efficacia  se
entro  i  successivi  dieci giorni  il  direttore  generale  dell’Ufficio  scolastico  regionale,
organo titolare in via definitiva del potere, non ha provveduto alla sua convalida o
lo ha revocato.
Il  dirigente  scolastico  deve  chiaramente  esplicitare,  nella  motivazione  del
provvedimento,  la  gravità  dell’infrazione  commessa, le  ragioni  di  particolare
urgenza   che  giustificano  la  sospensione  cautelare, la  natura  provvisoria  di
quest’ultima  e  il  termine  entro  cui  la  stessa  dovrà essere  necessariamente
convalidata o revocata dal direttore generale dell’Ufficio scolastico regionale.
Nel caso di mancata convalida o revoca da parte deldirettore generale dell’Ufficio
scolastico regionale del provvedimento d’urgenza adottato dal dirigente scolastico,
l’insegnante sospeso è immediatamente reintegrato in servizio con il riconoscimento
del  trattamento  economico  integrale  e  salve  le  azioni  a  tutela  dei  diritti
eventualmente lesi previste dalle disposizioni di legge vigenti.
Termine di durata
massima
Direttore generale
dell’USR titolare del
potere di sospensione
cautelare
Sospensione cautelare
provvisoria disposta
dal dirigente
scolastico nei casi di
urgenza
Convalida o revoca
del provvedimento
d’urgenza
Obbligo di
motivazione
Effetti della mancata
convalida o revoca del
provvedimento
d’urgenza
Dipartimento per l’istruzione
f.manca
23
Personale amministrativo, tecnico ed ausiliario.
Per il personale ATA, la norma cui si deve fare riferimento permane l’articolo 97 del
vigente C.C.N.L., Comparto scuola, 2006/2009, che non risulta inciso dalla riforma
del 2009. La richiamata norma contrattuale disciplina i presupposti e i limiti della
sospensione  cautelare,  obbligatoria  e  facoltativa,  in  corso  di  procedimento  penale,
regolando altresì gli effetti del provvedimento sulla retribuzione del dipendente.
La  sospensione  dal  servizio  con  privazione  della  retribuzione  opera  d’ufficio
quando  il  lavoratore  è  sottoposto  a  misura  restrittiva  della  libertà  personale  o  a
procedimento penale per i reati indicati dall’art. 58 del D.Lgs. n. 267 del 2000.
Fuori  da  questi  casi,  l’Amministrazione  può  facoltativamente  disporla  quando  il
dipendente sia stato rinviato a giudizio per fatti direttamente attinenti al rapporto di
lavoro  o  comunque  per  fatti  tali  da  comportare,  se  accertati,  l’applicazione  della
sanzione disciplinare del licenziamento ai sensi dell’art. 95, commi 8 e 9 del CCNL
vigente.
Nel  caso  dei  reati  previsti  all’art.  3,  comma  1,  della  legge  n.  97  del  2001,  in
alternativa  alla  sospensione  di  cui  al  presente  articolo,  possono  essere applicate  le
misure  previste  dallo  stesso  art.  3.  Per  i  medesimi reati,  qualora  intervenga
condanna anche non definitiva, ancorché sia concessa la sospensione condizionale
della pena, si applica l’art. 4, comma 1, della citata legge 97 del 2001.
Ai  sensi  del  comma  7,  del  citato  articolo  97,  al  dipendente  sospeso  deve  essere
corrisposta  un’indennità  pari  al  50%  della  retribuzione  fondamentale,  nonché  gli
assegni del nucleo familiare, ove spettanti.
Per quanto riguarda la competenza ad adottare i relativi provvedimenti si rinvia a
quanto detto sopra a proposito del personale docente.
Personale con qualifica dirigenziale.
Per  i  dirigenti  scolastici  presupposti,  limiti  ed  effetti  retributivi  della  sospensione
cautelare  in  pendenza  di  procedimento  disciplinare  e  penale  sono  disciplinati,
rispettivamente, dagli articoli 17 e 18 del C.C.N.L. 2006/2009.
A  norma  dell’articolo  17  l’Amministrazione,  qualora ritenga  necessario  espletare
ulteriori  accertamenti  su  fatti  addebitati  al  dirigente,  in  concomitanza  con  la
contestazione  e  previa  puntuale  informazione  al  dirigente,  può  disporne,  con
espressa  motivazione,  la  sospensione  cautelare  dal  lavoro,  per  un  periodo  non
superiore  a  trenta  giorni,  con  la  corresponsione  del  trattamento  economico
complessivo in godimento.
Dalla disposizione contrattuale in esame si ricava  che la sospensione cautelare del
dirigente:
Disciplina
contrattuale
Organo titolare del
potere di sospensione:
rinvio
Disciplina
contrattuale
Dipartimento per l’istruzione
f.manca
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–  è  ammessa  solo  in  concomitanza  di  un  procedimento  disciplinare,
escludendosi  la  possibilità  che  sia  disposta  dall’Amministrazione
anteriormente alla sua attivazione;
–  è  condizionata  dalla  necessità  di   espletare  ulteriori  approfondimenti
istruttori sui fatti addebitati al dirigente;
–  è soggetta a un limite temporale ristretto perché non può durare oltre trenta
giorni;
–  non  incide  sulla  retribuzione  perché  deve  essere  garantito  il  trattamento
economico complessivo in godimento.
L’articolo  18,  invece,  disciplina  le  ipotesi  di  sospensione  cautelare  obbligatoria  e
facoltativa del dirigente scolastico in caso di procedimento penale. Senza entrare nel
dettaglio delle disposizioni ivi contenute, alle quali si rinvia, è utile evidenziare che
nelle  fattispecie  individuate  dalla  norma  l’esercizio  del  potere  cautelare  comporta
per  il  dirigente  scolastico,  oltre  alla  sospensione dal  servizio  e  dall’incarico,  la
privazione  della  retribuzione,  con  conseguente  corresponsione  di  un  indennità
alimentare  pari  al  50%  dello  stipendio  tabellare,  della  retribuzione  individuale  di
anzianità  o  del  maturato  economico  annuo,  ove  spettante,  nonché  degli  assegni
familiari, qualora ne abbia titolo.
La  competenza  ad  adottare  il  provvedimento  cautelare  nei  confronti  dei  dirigenti
scolastici spetta al direttore generale dell’Ufficio scolastico regionale.

Le  indicazioni  applicative  che  precedono,  basate  su una  ricostruzione  complessa
dell’istituto  in  esame,  consentono  di  colmare  le  incertezze  interpretative  create
dall’abrogazione  dell’articolo  506,  del  decreto  legislativo  n.  297  del  1994  e  di
recuperare,  con  riguardo  alla  funzione  educativa,  profili  rilevanti  di  coerenza
sistematica.
E’ utile richiamare l’attenzione sul fatto che, fuori dall’ambito disciplinare, continua
a sussistere, in quanto salvato dalle abrogazioni disposte dalla riforma, il potere di
sospensione  del  dipendente  disciplinato  dall’articolo  468  del  suddetto  decreto
legislativo,  le  cui  disposizioni,  nel  regolare  le  fattispecie  nelle  quali  si  da  luogo  ai
trasferimenti d’ufficio per incompatibilità ambientale, prevedono espressamente la
possibilità di adottare, nei confronti del dirigente scolastico e del personale docente,
misure cautelari urgenti anche in corso d’anno scolastico.
Tali  misure,  infatti,  prescindono  dalla  rilevanza  disciplinare  dei  comportamenti  e
sono finalizzate alla garanzia della regolarità e continuità dell’azione amministrativa
e  del  servizio  erogato  e  alla  tutela  del  prestigio, del  decoro  e  del  corretto
funzionamento dell’istituzione scolastica.
La sospensione è disposta dal dirigente scolastico,sentito il collegio dei docenti, se
trattasi  di  personale  docente  ed  educativo,  o  da  parte  del  dirigente  preposto
all’ufficio scolastico regionale, se trattasi di dirigente scolastico.
Trasferimento
d‘ufficio per
incompatibilità
ambientale:
sospensione cautelare
nei casi di urgenza
ex art. 468 del
D.Lgsl. 297/1994
Organo titolare del
potere di sospensione
Organo titolare del
potere di sospensione
Organo titolare del
potere di sospensione
Dipartimento per l’istruzione
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Il  provvedimento  deve  essere  immediatamente  comunicato  per  la  convalida  al
dirigente  dell’ufficio  scolastico  regionale,  se  disposto  nei  confronti  di  personale
docente ed educativo, ovvero al capo del competentedipartimento del Ministero, se
riguarda dirigenti scolastici. In mancanza di convalida, e in ogni caso in mancanza
di  presentazione  della  richiesta  di  parere  dell’organo  collegiale  competente,  nel
termine di dieci giorni dall’adozione, il provvedimento di sospensione è revocato di
diritto.
Qualora  le  ragioni  d’urgenza  di  cui  al  comma  1,  dell’articolo  468,  di  cui  trattasi,
siano dovute alla  «sussistenza di gravi e comprovati fattori di turbamento dell’ambiente
scolastico e di pregiudizio del rapporto tra l’istituzione scolastica e le famiglie degli alunni,
conseguenti a specifici comportamenti di uno o più  docenti, lesivi della dignità delle persone
che operano nell’ambito scolastico, degli studenti e dell’istituzione scolastica, tali da risultare
incompatibili  con  la  funzione  educativa»,  il  dirigente  scolastico,  nella  garanzia  del
rispetto  dei  princìpi  costituzionali  e  del  principio  di  parità  di  trattamento  di  cui
all’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 9  luglio 2003, n. 216, attuativo della
direttiva 2000/78/CE, può adottare il provvedimentodi sospensione  senza sentire
il collegio dei docenti.
Nel  caso  in  cui  i  fatti  richiamati  dalla  disposizione  in  esame  siano  riferibili  a
comportamenti  di  dirigenti  scolastici,  il  provvedimento  di  sospensione  è  adottato
dal dirigente preposto all’ufficio scolastico regionale e la convalida è operata, entro
il termine di dieci giorni, dal capo del competentedipartimento del Ministero.
Nelle ipotesi considerate, è assicurato al docente o dirigente scolastico interessati il
diritto al contraddittorio attraverso memorie difensive che devono essere prodotte
all’organo  competente  a  disporre  la  convalida,  entro  il  termine  di  cinque  giorni
dall’adozione  del  provvedimento  di  sospensione.  In  mancanza  di  convalida,  il
medesimo provvedimento è revocato di diritto

A  conclusione  della  presente  circolare,  si  richiama l’attenzione  delle  SS.LL.  sulle
novità riguardanti la disciplina dei controlli. L’articolo 71 del decreto legislativo n.
150 del 2009, integrando quanto già previsto in materia dall’articolo 60 del decreto
legislativo n. 165 del 2001, amplia i poteri ispettivi del Dipartimento della Funzione
Pubblica  attraverso  la  creazione  dell’Ispettorato  per  la  Funzione  Pubblica.  Tale
struttura, che può avvalersi della collaborazione della Guardia di Finanza, assume
compiti  di  vigilanza  e  poteri  di  verifica,  fra  l’altro,  anche  sull’esercizio  dei  poteri
disciplinari da parte degli organi dell’Amministrazione a ciò preposti.
Firmato   IL CAPO DIPARTIMENTO
Giuseppe COSENTINO